UNA GRANDE LUCIA DI LAMMERMOOR ALLA SCALA

 

Recensione di Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti in scena alla Scala di Milano dal 13 aprile al 5 maggio 2023

 

‘Lucia di Lammermoor’ era stata programmata come inaugurazione  della Scala nel 2020.

Il Covid fece cancellare l’evento, ma non il progetto, che prende forma, con gli stessi artefici e gran parte del cast previsto, in questi giorni, in uno spettacolo , peraltro trasmesso da Rai 5, che merita di essere visto dal vero, perché finalmente la priorità non è la resa televisiva, ma regalare un  esempio di grande teatro.

Addirittura la ripresa ha danneggiato l’immagine di questo allestimento, facendolo sembrare ad alcuni  inutilmenteprovocatorio , mentre in realtà non lo è affatto e non gratificando le voci, che forse non godono della telegenia, o forse sarebbe meno inesatto dire fonogenia, di quelle di altri titolati colleghi.

Questa preziosa ‘Lucia’ viene consacrata nella sala del Piermarini, dove le sculture assumono il giusto significato senza apparire prevaricanti, la grande foresta regala scorci drammatici,  le masse si muovono con attenzione e secondo le indicazioni dello spartito. 

Le voci corrono nella sala, senza difficoltà, accompagnando lo spettatore in una vicenda che assume lo spessore del ritosacrificatorio., dell’evento drammatico nel quale si mescolano fato e storia familiare, secondo la lettura del regista Yanis Kokkos, che evoca una vicenda dal sapore metafisico, fuori dal  tempo ma nella storia, nella quale non trovano posto eccessi, ma si trovano tante delicate  pennellate e sfumature.

Grande il lavoro fatto sui personaggi , che emergono nella loro credibile individualità,  liberi da stereotipi e da sovrastruttureimposta  dalla tradizione scenica.  

Lucia è, finalmente, una donna alla ricerca dell’affermazione dei propri diritti, che soccombe al matrimonio imposto, ma non è disponibile a vendere i suoi sentimenti.

Edgardo è un uomo innamorato, coraggioso, che cerca di prendere in mano la sua vita e che invece soccombe davanti agli eventi,  che conoscendo le meraviglie che la vita può riservare, guarda alla  morte come un dono.

Raimondo, che con la riapertura di alcuni tagli riprende un ruolo centrale nella narrazione, è figura autorevole, che vive la profonda sofferenza di dover assistere, impotente, al conflitto fra convenienza  e sentimenti autentici.

Enrico è un giovane cinico e sprezzante, che sembra prendere coscienza della  portata delle sue scelte  solo quando è troppo tardi, incapace  di qualsiasi forma di pietas.

Normanno assume una insolita rilevanza, facendosi una pedinacredibile nella vicenda.

In definitiva Kokkos riesce a scavare il testo, a far digerire ai cantanti ogni parola, a far indossare loro i personaggi  comefossero un guanto ed a regalarci una storia non sol da ascoltare, ma nella quale immedesimarci con convinzione.

Garbato l’inserimento dei filmati di Eric Duranteau,  che riescono a vivificare il temporale dell’ultimo atto,  che esce dai confini del palcoscenico, senza strabordare negli effetti speciali.

Riccardo Chailly ha proposto la versione originale del lavoro, pulendola dai virtuosismi autoreferenziali aggiunti negli anni dalle varie interpreti, dalle consuetudini dei teatri e riportando in superficie un lavoro raffinato, proponendo la prevista armonica a bicchieri, che già Roberto Abbado aveva riproposto alla Scala  nel 2006, nella scena della  pazzia di Lucia

La narrazione  drammatica è potuta risultare così efficace anchegrazie ad una orchestra brillante, attenta, sensibile e dalla resa raffinata, che ha consentito al direttore di costruire momenti di grande suggestione: pensiamo ai corni, che nei preludi dei vari atti evocano fin dall’inizio la conclusione della storia; alla purezza astrale dell’arpa, che pare  offrire una via di fuga a Lucia, per salvarla dalla volgarità del mondo; alla delicatezza con cui accompagna l’incontro fra gli innamorati; al governato clamore della firma del contratto matrimoniale; fino allo strazio che dilania Edgardo , il cui dolore pare accarezzato dagli strumenti che cercano invano di mitigare il suo soffrire.

Il coro, diretto da Alberto Malazzi, si ritaglia un ruolo da grande protagonista , forse dando segno in qualche pezzo d’insieme di forte esuberanza, ma regalando un suono maestoso  e di grande suggestione.

Decisamente  soddisfacente la prova di tutti i cantanti.

Giorgio Misseri è un Normanno credibile musicalmente e scenicamente.

Valentina Pluzhnikova, allieva dell’Accademia del Teatro alla Scala, offre ad Alisa la sua voce scura e sicura.

Leonardo Cortellazzi  un Arturo non particolarmente carismatico nella recitazione ma vocalmente appropriato.

Boris Pinkhasovich,  dalla  voce più potente che  espressiva, costruisce un Enrico schiacciato dalle convenzioni e dalla convenienza , che sembra aver rimosso dalla sua vita gli affetti fraterni.

Michele Pertusi, il cui Raimondo riveste un ruolo fondamentale nella narrazione, è un basso dalla prestigiosa esperienza, offre una prova di classe ed eleganza, grazie anche all’espressività della sua voce, che può vantare omogeneità, ricchezza di sfumature, sicurezza negli acuti.

Alcuni hanno  scritto che la voce di Diego Florez non abbia il peso richiesto dalla partitura e che non superasse la buca dell’orchestra.

Possiamo concordare sul fatto che il tenore sia più a suo agio nel repertorio rossiniano ed anche che nei grandi pezzi d’insieme la sua voce non emergesse, forse anche per l’oceanica prova del coro.

Ma nelle grandi arie solistiche la voce correva sicura, in tutto il teatro, inerpicandosi senza difficoltà nelle note più insidiose, solida negli acuti, raffinatissima nei filati, intensa nell’espressione, prodigiosa nei fiati: uno strumento che il tempo ha arricchito d’espressione e colori e che permette al tenore di tratteggiare la figura di un uomo inebriato dall’amore, poi vinto dalla rabbia, infine abitato dal dolore.

Sempre coinvolgente, cesella una esecuzione memorabile, che dimostra ancora una volta la grandezza artistica di uno dei più raffinati interpreti del nostro tempo.

Lisette Oropesa è una grande Lucia.

Riesce a non cadere nella trappola del virtuosismo fine a se’ stesso, nell’autoreferenzialità, mettendo al servizio del personaggio e della partitura il suo strumento prezioso, dal colore  personale, l’estensione ampia, la tecnica infallibile.

Ci sono trilli, smorzature, scale, acuti e sovracuti, ma sono strumenti per pastellare la storia della sfortunata fanciulla, non esibizioni vocali.

Lucia non è mai un personaggio eseguito da una mirabolante cantante, ma sempre una donna vera incarnata da una grande artista, capace di scavare il testo per ritrovare inedite sfumature, di regalare momenti di commozione autentica, come per esempio in Soffriva nel pianto’ o di stupefatto incanto come nella lunga scena della pazzia,che suscita alla fine una vera ovazione dal pubblico.

Alla fine acclamazioni meritatissime per tutti, con particolare entusiasmo per il coro, Pertusi, Florez e Chailly ed un trionfo  per la Oropesa.

Milano, 29 aprile 2023

Gianluca Macovez

 

LUCIA DI LAMMERMOOR

Musica di GAETANO DONIZETTI

Dramma tragico in tre atti

Libretto di SALVATORE CAMMARANO

Direttore RICCARDO CHAILLY
Regia, scene e costumi YANNIS KOKKOS

Luci VINICIO CHELI

Video ERIC DURANTEAU

Collaboratrice del regista e drammaturga  ANNE BLANCARD

 

Personaggi e interpreti

Enrico

BORIS PINKHASOVICH

Lucia

LISETTE OROPESA

Edgardo

Juan DIEGO FLOREZ

Arturo

LEONARDO CORTELLAZZI

Raimondo

MICHELE PERTUSI

Alisa

VALENTINA PLUZHNIKOVA


Normanno GIORGIO MISSERI
 

NUOVA PRODUZIONE DEL TEATRO ALLA SCALA

Maestro del Coro ALBERTO MALAZZI
ORCHESTRA, CORO DEL TEATRO ALLA SCALA

Lucia di Lammermoor -Teatro alla Scala 2023

Photo©Brescia-Amisano Teatro alla Scala

Leave a Comment